giovedì 26 gennaio 2012

diario di un qualsiasi nessuno

-Vede-, riprende la signora, -mio marito è un chirurgo urologo e si può trattenere nel podere solo quando il lavoro glielo permette, per godersi un po’ di quiete, ma le assicuro che le occasioni, come lo è questa, del resto, sono davvero poche. Io vengo e riparto insieme a lui, e passo la maggior parte del tempo in città, dove posso dedicarmi alla mia passione, la coreografia. Anche i miei fratelli hanno preso altre strade, disinteressandosi del podere. I campi e le vigne vengono affidati ad imprese specializzate, che ci corrispondono un affitto, le assicuro piuttosto basso, a fine stagione. Nella masseria vive solo mio padre, accudito da una domestica, che ormai funge anche da badante. Da un paio di mesi è vittima di una paralisi progressiva che presto lo farà passare a miglior vita. Alla sua morte il podere sarà venduto. Non so neppure come sia riuscito a scrivere quella lettera, né perché ci tenesse tanto ad acquistare il podere adiacente, quando ormai era rimasto solo e malgrado io e i miei fratelli avessimo sempre cercato di distoglierlo dall’idea- Una pausa di riflessione, brevissima, seguita da un invito.

-Desidera vedere mio padre? Se vuole, posso accompagnarla nella sua stanza- Olindo è un pesce fuor d’acqua. La signora non gli ha concesso neppure un fiato e quanto ha appreso supera ogni aspettativa.

-Non è necessario-, dice, imbarazzato. Tolgo il disturbo, con il suo permesso- La signora le porge il dorso della mano e lui fa l’atto di baciarlo, facendo attenzione a non toccarlo con le labbra. Forse gli ha concesso un ultimo test. Lo scorta fuori, fino a quando non è al sicuro dai cani.

-Addio, signor Ferretti- dice. Resta poi ad osservarlo, finché non riesce a girare l’auto e ad andarsene. Ha bisogno di bere qualcosa, ma ormai è l’ora di pranzo.

Alle tre del pomeriggio Marco è già in agenzia, a sistemare la nota spese per l’amante tradito che ha commissionato la precedente indagine. Ha pedinato la donna per una settimana ed è riuscito a mala pena a cavarne un numero di targa. Per fortuna è stato sufficiente. Un tipo minuto, dannatamente sexy, di un’eleganza costosa. Non le bastava più il marito e si era fatto un amante e poi non le era bastato più neanche l’amante. In un’agenzia investigativa se ne sentono di cotte e di crude. Olindo sarebbe arrivato fra poco. Era curioso di sapere se dai Frattini avesse scoperto qualcosa di interessante. Quella puttana doveva essersi accorta di lui o aver sospettato qualcosa. Lo aveva fatto girare in lungo e in largo per città e dintorni visitando parenti e negozi. Poi, l’ultimo giorno, aveva portato la macchina in un garage, uno di quelli a più piani e lui era rimasto fuori ad aspettare. Dopo un po’ era uscita correndo e aveva imboccato un viale protetto da un segnale di senso vietato grande come un UFO. Aveva dovuto lasciare l’auto in zona rimozione e rincorrerla come un dannato, arrivando giusto in tempo per vederla infilare una stradina laterale e saltare dentro un’auto che la aspettava. Giusto in tempo per prendere il numero di targa. Tutto era accaduto in una manciata di secondi.

Olindo entra con una faccia che non dice niente di buono. Marco non fa domande, si limita a guardarlo e aspetta.

-I Frattini non c’entrano-, sputa fuori, togliendo i giornali dal ripiano e buttandoli su una sedia.

-Siamo un pochino agitati, o sbaglio?- fa Marco, amichevolmente ironico.

-Ho fatto anche una figura di merda-, si rammarica Olindo, -Vado a trovare una famiglia di contadini e mi ritrovo a parlare con una tipa che pare uscita da una pellicola di Luchino Visconti. Non riusciresti neanche a immaginartela-. Fa un ampio gesto con la mano, come per sottolineare il concetto di impossibilità.

-E’ la padrona?- chiede Marco, poco coinvolto dalle manifestazioni estatiche del principale. –Ma la lettera non era stata firmata da un uomo?-

-Dal padre, paralizzato e in procinto di lasciare questo mondo. No, i Frattini non c’entrano, bisognerà cercare altrove. Dovrò parlare ancora con la cliente. Tu andrai a trovare il meccanico. Prendi l’indirizzo dalla fattura-. Alza la cornetta e telefona alla Bertani. Il telefono squilla a lungo e a vuoto.

-Non risponde-, dice seccato, -ci riprovo fra poco. Tu, intanto, vai dal meccanico. Non credo che servirà a molto, ma non si sa mai-. Marco rintraccia la fattura e si annota l’indirizzo e il numero di telefono.

-Ci vediamo più tardi-, dice, andandosene.

Ciao-, gli fa Olindo, - portami qualche dettaglio- Marco annuisce pazientemente.

La visita al meccanico e un nuovo colloquio con la Bertani sono mosse obbligate, anzi, le sole di cui dispone. Non si aspetta gran ché né dall’una né dall’altra e si rende ben conto che se davvero non dovesse scaturirne niente si ritroverebbe con un pugno di mosche. Tuttavia non è una novità, per ogni investigatore, che l’inizio di ogni indagine sia la parte più difficile, specie quando non si sa ancora bene cosa cercare. Poi, di solito, a volte per abilità a volte per caso, si riesce a trovare il filo, anzi, l’estremità del filo, come in un gomitolo intrecciato. A quel punto, è solo questione di arrivare a districarlo.

Passa più di un’ora prima che la Bertani risponda al telefono. E’ disposta a riceverlo subito, forse pensa che l’indagine abbia già dato dei risultati.

Entrando nella masseria non gli sembra affatto di trovarsi in un’altra dimensione, come gli era accaduto dai Frattini. L’arredamento è quello che ci si aspetta in una casa di campagna, i mobili sono mobili di campagna, non antichi ma semplicemente vecchi mobili in legno robusto, i quadri non sono intonati a un’epoca o a un particolare stile. Un paio di apparecchi televisivi, un video registratore e uno scaffale pieno di DVD, non sembrano creare intollerabili contrasti. Gente pratica, che ama le comodità e poco si cura di estetica.

Il locale a pianterreno è molto grande, include cucina e sala da pranzo. In un angolo è stato ricavato spazio per un robusto salottino di vimini con un televisore a lato, spento. La Bertani ha posato sul tavolinetto un vassoio con due tazzine di caffè.

-Spero che lo gradisca-, dice, posando su di lui uno sguardo pieno di aspettative. Purtroppo non ha molto da riferire.

-Certo. Davvero gentile-, le dice, mentre si serve e mette lo zucchero.

-Suppongo che si aspetti qualche novità da questa mia visita, ma temo che dovrò deluderla- la donna ha un gesto di scoraggiamento, ma conserva un’espressione curiosa.

-Tutto quello che posso dirle-, continua, pacato, -è che sono stato dai Frattini e ritengo di poterli escludere dai possibili sospetti-. La donna non mostra di essere sorpresa. Continua a tacere e lui le fa un breve resoconto di quanto ha appreso nel corso della breve visita.

-A meno che-, conclude, -non mi fornisca lei particolari di cui non sono a conoscenza- La donna riflette brevemente.

-No-, risponde, -non credo proprio. Conoscendo la loro situazione, mi ero meravigliata anch’io del tono di quella lettera. E’ stato un atto di frustrata presunzione, nient’altro, e concordo che non abbia niente a che vedere con la sua indagine-. Per fortuna la Bertani non è una di quelle isteriche che pretendono risultati immediati, incapaci di adeguarsi al lento ritmo di un’indagine.

-Perché è venuto?- chiede. In realtà, dopo quanto si sono detto, il motivo della sua presenza è ancora piuttosto vago.

-Ho bisogno di dettagli-, dice, senza un’idea precisa. –La più piccola informazione, anche se apparentemente insignificante, può essere di aiuto- l’orologio a cucù suona le sei e un quarto.

-Un mio capriccio-, dice, -mio marito me lo ha comprato a un’asta- Un velo di tristezza le copre il viso, ma solo per un attimo.

-Dettagli di che genere?-

-Qualsiasi cosa possa venirle in mente-

-Non saprei-, dice, sforzandosi di ricordare. –Siamo saliti in macchina che saranno state le nove, l’incidente verso le dieci e mezzo. Credo che i soccorsi abbiano impiegato una ventina di minuti, ma ricordo molto poco, perché ero quasi svenuta. Ricordo soltanto di essere stata messa su un’ambulanza. A parte lo shock, non avevo niente di grave. Il giorno dopo ho potuto vedere mio marito e mia madre nella camera mortuaria dell’ospedale. Ai bambini lo abbiamo detto solo qualche giorno più tardi-

-Ricorda qualcuno, in particolare, fra i primi soccorritori o all’ospedale, che per qualche motivo abbia attratto la sua attenzione?- Sta parlando a vuoto e lo sa, ma deve riuscire a carpirle qualcosa.

-No-, risponde laconica.

-A revisionare l’auto è stato il vostro meccanico abituale?- un ultimo tentativo, poi il buio.

-Certo, ci siamo sempre serviti dallo stesso meccanico-.

-Eravate in buoni rapporti?- La donna sorride.

-Con mio marito avevano fatto amicizia e capitava che andassero a caccia insieme. Una volta hanno portato anche me. Insomma, eravamo in ottimi rapporti- Un vicolo chiuso, sbarrato, senza uscita. Gli resta il sospetto dei freni manomessi. Per la verità quasi una certezza. Ma da chi? Sospettare del vecchio Frattini, impensabile. Lo stesso vale per la figlia e per il genero. Gli altri due figli hanno preso il largo e apparentemente si disinteressano delle faccende di famiglia. Forse meriterebbero una piccola indagine, solo per non lasciare nulla di intentato. Potrebbe anche indagare sul meccanico, ma quanto ha appreso non lo sollecita in quella direzione. C’è qualcosa, però, che gli frulla nel cervello. La donna ha usato un’espressione che sul momento lo ha sorpreso, poi se l’è lasciata sfuggire e ora si ripresenta come un fantasma. Si sforza di ricordare e alla fine ci riesce.

martedì 24 gennaio 2012

diario di un qualsiasi nessuno

L'erede australiano. Parte II

Dalla sua postazione defilata Marco ha seguito attentamente il colloquio e nota che a questa precisazione la donna appare rassicurata. Anche Olindo ha l’impressione di ispirarle fiducia.

-Ha qualche sospetto, c’è chi cova animosità verso la vostra famiglia?- le chiede. La domanda non coglie la donna di sorpresa. Apre di nuovo la borsetta e ne cava un’altra busta. Ne estrae un foglio e glielo passa.

-E’ del nostro vicino confinante- dice. La lettera contiene una serie di recriminazioni per il rifiuto di vendita del podere al prezzo concordato. Contiene anche insulti e vaghe minacce.

-Come mai l’accordo non è stato rispettato?- non può evitare di chiedere.

-Il prezzo era stato stabilito da mio padre anni orsono, ma senza un reale impegno, perché non era ancora stata presa una decisione definitiva. Poi anche i Frattini se la sono presa comoda, sperando forse in una riduzione, e sono passati degli anni. Di recente si erano rifatti avanti, ma a questo punto il prezzo non poteva essere mantenuto- spiega la donna.

-Mi sembra logico- , approva Olindo. –Credo-, le dice, -di avere già qualche appiglio per iniziare l’indagine. Se non le dispiace, terrò io la lettera- La donna fa un gesto di assenso, estrae dalla borsetta il carnet degli assegni e ne compila uno per duemilaseicento Euro. Lo stacca e lo posa sulla scrivania.

-Pensi lei ad intestarlo- dice.

-Come vuole-, dice Olindo. –Certamente dovremo rivederci. Nel frattempo la terremo informata nel caso di nuovi sviluppi-

-Chiami pure quando vuole- dice la donna uscendo, -ha il mio numero-.

-Che ne pensi?-chiede Olindo appena rimangono soli. Prima di rispondere, Marco ci pensa un momento.

-Non lo so, mi pare tutto un gran casino-

-A che punto sei con quel pedinamento?-

-Si potrebbe dire concluso. Dipende dal cliente-

-Che significa?-

-Significa che sono riuscito a prendere il numero di targa di quel tizio, ma non c’è stato modo di fotografarlo. Se per il cliente è sufficiente, l’indagine è finita-.

-E’ probabile che lo sia. Prepara la relazione, poi ci do un’occhiata e chiamo il cliente. Se tutto fila liscio, domani possiamo cominciare a guadagnarci questo assegno- Glielo mostra e lo ripone nel cassetto.

Alle nove Olindo è in ufficio e sta rimuginando sul nuovo caso e sugli elementi di cui è in possesso. Una donna perde la madre e il marito in un incidente d’auto. Causa ufficiale, l’usura del tubo dell’olio dei freni. Si apprende da una fattura che pochi giorni prima era stata effettuata la revisione dei freni. Causa alternativa, manomissione dell’impianto di frenata. Duplice omicidio. Si apre la porta e Marco fa la sua apparizione.

-Fatto il versamento?- gli chiede, distrattamente.

-C’era poca gente, mi sono sbrigato- risponde, ma dubita che l’altro lo stia ascoltando. Si sente attraversato dal suo sguardo, come se non ci fosse.

-Beh, ti è venuta qualche idea?- gli chiede, scuotendolo.

-No, sto considerando i fatti. Se la donna ha ragione, ci troviamo di fronte a un duplice omicidio- Marco annuisce, e tace.

-L’hai sentita anche tu, ieri, che idea ti sei fatta dei Frattini?- Marco prende una penna e la fa girare sul ripiano come l’ago di una bussola.

-Non credo di essermi fatto un’idea. Il fatto che abbiano tergiversato sull’acquisto è un comportamento piuttosto comune a chi compra, specie per grosse cifre- la matita smette di girare, come se d’un tratto avesse finalmente scoperto il nord.

-Già-, approva Olindo in tutta naturalezza, -e l’aggrapparsi a un prezzo stabilito in precedenza, anche se in questo caso è privo di logica, non meraviglia affatto- Entrambi stanno pensando alla lettera, dal tono piuttosto aggressivo, ma Olindo non è propenso a ritenerla molto significativa.

-Quanto alla lettera-, dice, credo che sia da considerare un robusto alibi per i Frattini- Marco, che nel frattempo ha ripreso a far girare la matita, si ferma. Ci pensa qualche secondo, poi ci arriva.

-Vuoi dire che se si intende ammazzare qualcuno non gli si invia una lettera di minacce e di insulti?-

-Tu lo faresti?-

-Non ho intenzione di ammazzare nessuno, io- scherza Marco, riprendendo a far girare la matita.

-Certo-, dice Olindo ridendo.

-Dovremo cominciare a muoverci-, afferma deciso, -questo non è un caso alla Nero Wolfe, da risolvere seduto in poltrona-. Marco annuisce, in attesa di istruzioni.

-Bisognerà fare una visita alla signora…- cerca il modulo compilato dalla donna e ne legge il nome, -alla signora Bertani-, continua, -senza trascurare i signori Frattini. Un contatto diretto può valere più di mille storie raccontate- Si infila la giacca e si dirige alla porta.

-Posso fare qualcosa anch’io?-, chiede Marco. Anche lui comincia ad appassionarsi al caso.

-Per ora, no- dice Olindo. –Ma hai già il tuo da fare in ufficio. Se non ci sei tu, chi li aggancia i clienti?- Marco capisce che si tratta di un contentino, ma in fondo Olindo ha ragione.

La prima visita è al podere dei Frattini, quella stessa mattina, una grande masseria circondata da vigneti, molto estesi, e floride coltivazioni a cereali nella parte più pianeggiante. Due cani legati a lunghi fili scorrevoli gli corrono incontro mentre si avvicina. Non hanno un’aria amichevole, perciò ritiene prudente arrestare l’auto a debita distanza, dove non arriva il filo di ferro. Scende dall’auto, i cani gli ringhiano contro a una decina di metri, lontana si apre una finestra, poi si richiude. Passano cinque minuti e si apre la porta di ingresso. Una figura esce e si avvicina circospetta. E’ una signora di una quarantina d’anni, non è in tenuta rurale, tutt’altro. Uno scialle di seta le ricopre le spalle nude sotto le bretelle del vestito leggero, frusciante, ornato di motivi pittorici. Ai piedi indossa un paio di zoccoli che non sarebbero disdicevoli ad una festa di società.

-Buongiorno- , lo saluta educatamente, -che cosa desidera?- Olindo pensa che avrebbe fatto meglio a telefonare, ma ormai la figuraccia l’ha fatta. A giudicare dal tono della lettera, si sarebbe aspettato un’accoglienza molto diversa, scabrosa, certo non di una signora apparsa in quell’ambiente rustico come una fata.

-Voglia scusarmi se non ho telefonato-, cerca di porre riparo, -ma avrei proprio bisogno di parlare con la persona che ha scritto questa lettera- La cava di tasca e gliela mostra. La donna ci da un’occhiata di sfuggita e subito si rende conto.

-I Bertani intendono sporgere denuncia? Ma, prima di continuare, le spiacerebbe dirmi chi è lei?- Nota che la signora ha gli occhi verdi. Sono freddi, impassibili e ostili. Non può darle torto. Si è presentato come un vagabondo e ora le sbatte in faccia un documento compromettente.

-Mi chiamo Olindo Ferretti, sono un investigatore privato. Sto cercando di fare chiarezza su gravi fatti avvenuti di recente in circostanze sospette- La donna gli restituisce la lettera, mentre sembra riflettere.

-Per quale agenzia lavora?- gli chiede, scrutandolo da cima a fondo. Mentre lo fa, pare anche soffermarsi su qualche particolare, come se stesse considerando una scultura pop.

-L’agenzia Occhio di Lince. Ne sono il titolare- Le porge il tesserino. Lei lo prende e se lo legge per intero, poi glielo restituisce.

-La prego, entri in casa- gli dice, proprio mentre si aspettava di essere scacciato in malo modo. Ogni donna custodisce una sorpresa. Dove l’aveva letto?

-L’interno della casa luccica come l’esposizione di un mobiliere. I mobili sono in legno massiccio, per lo più di ottimo antiquariato. Alle pareti, alcuni quadri di stampo inglese, genere realistico, in gran parte scene di campagna. Olindo è come ipnotizzato. Quando la donna gli chiede se desidera una bibita o un liquore, riesce appena a farfugliare di no. Lo invita a sedersi in una poltrona, mentre lei prende posto in un divano, di fronte.

-Credo di capire il perché della sua visita- gli dice. Il suo sguardo è meno severo, meno ostile.

-Veramente…- cerca di spiegare.

-La prego, non mi interrompa. La lettera che mi ha mostrato testimonia rancore. Il rancore di mio padre verso quello della signora Bertani. Il perché, che mio padre avesse ragione o torto, lo sappiamo entrambi- Lascia decantare le sue affermazioni prima di riprendere.

-Sappiamo anche come hanno perso la vita il marito e la madre della signora. Un terribile incidente. Ho sentito parlare di un guasto ai freni, ma è probabile che qualcuno non sia convinto che si sia davvero trattato di un guasto, perciò lei potrebbe essere alla ricerca dell’assassino, cioè di uno che abbia manomesso i freni. La lettera indica un possibile movente, perciò non mi sorprende che lei sia venuto qui- La donna tace di nuovo e lo scruta in volto, come per ricevere una conferma. Olindo tace.

giovedì 19 gennaio 2012

diario di un qualsiasi nessuno

Racconto thriller - L'erede australiano- Parte I

All’aeroporto Raffaello Sanzio è appena giunto un volo da Roma. Due passeggeri superano l’uscita conversando cordialmente. In realtà si conoscono poco, si sono presentati e hanno cercato di ammazzare il tempo facendo due chiacchiere durante il volo. Sono di statura media, sul metro e settantacinque, corporatura snella. Uno dei due porta i baffi.

-L’auto è già qui?-, chiede l’altro, mentre si da un’occhiata in giro. Anche il baffuto si sta guardando intorno.

-Credo sia quella-, dice, indicando una Volkswagen decappottabile con un tizio accanto. –Vado a vedere-. Raggiunge l’auto, scambia alcune parole con il tizio, che subito dopo si allontana.

-Possiamo andare-, quasi grida, facendo cenno all’altro di raggiungerlo.

L’auto procede da un quarto d’ora attraversando ampie distese di grano ancora verde, campi di girasoli e frutteti, il tutto cosparso da vecchi casolari, ma anche di costruzioni nuove, specie ai piedi delle colline, dove spesso risiedono moderni opifici. Il tempo si sta guastando, il cielo si è annuvolato e già pioviggina.

-Sarebbe stato meglio prendere l’autostrada?- chiede il baffuto.

-No, non è lontano-

L’asfalto si sta facendo scivoloso e per un paio di volte l’auto subisce un lieve slittamento. Il baffuto guida e tace, immerso in chissà quali riflessioni, ma la velocità supera di gran lunga quella imposta dai limiti che si succedono lungo il percorso e consentono al massimo i novanta chilometri all’ora. Il baffuto si mantiene sui centoventi. Troppi i sorpassi, alcuni anche rischiosi, al punto che l’altro comincia a scocciarsi.

Deve dire a quel deficiente di rallentare, di considerare il traffico intenso e il fondo sdrucciolevole e che se continua a guidare in quel modo finiranno sfracellati contro un camion o in fondo a una scarpata. Non ha nessuna voglia di finire in quel modo. Non immagina neppure che le sue previsioni stanno per essere confermate dagli eventi e che non avrà neppure il tempo di rammaricarsi della propria esitazione. Un ulteriore, incauto sorpasso, e l’auto sbanda pesantemente per evitare uno scontro frontale con un TIR, esce di strada e finisce in una scarpata piuttosto alta, rotolando ripetutamente su se stessa. Il passeggero la segue con la sguardo, abbarbicato al margine, dopo essere riuscito a balzare fuori dallo sportello. Quando la macchina smette di rotolare, prima dell’arrivo dei curiosi e dei soccorsi, comprimendosi con le mani la gamba nel tentativo di attenuare un dolore lancinante, discende lentamente la scarpata e si avvicina cautamente al relitto. Il baffuto deve aver battuto malamente la testa e si è sfracellato la faccia contro il parabrezza. Giace immobile, con il busto per metà fuori del finestrino, ma respira ancora. L’alito è appena percettibile, ma è ancora vivo. Il passeggero si da una rapida occhiata intorno, si muove con decisione imprecando per una nuova fitta lancinante alla gamba. Preme una mano sulla bocca del ferito e gli chiude le narici con l’altra. Poi aspetta. Dopo pochi secondi la vittima sembra scuotersi, ma ha perduto le forze. Riesce a spalancare gli occhi e li fissa sul suo aguzzino. Quasi subito però li richiude e stavolta per sempre. Non si vede ancora nessuno e l’uomo ne approfitta per arraffare dalle tasche e dal portafoglio del morto. Quando arrivano i soccorsi vengono entrambi portati via in ambulanza. Durante il percorso e all’ospedale cercano di rianimare l’uomo esanime. Ogni tentativo è inutile.

Olindo Ferri, ex detective della Squadra Omicidi in pensione, si sta rigirando fra le mani un quotidiano che non ha la minima voglia di leggere. All’altro lato della scrivania siede il suo unico collaboratore e factotum, Marco Perretti, che non è un’aquila ma gli è d’aiuto quando deve esternare il dialogo interiore. Insomma, gli fa domande che ha già rivolto a sé stesso, poi da anche le risposte. Raramente Marco fa in tempo a precederlo, però va sottolineato che a volte ci riesce. Anche lui ha in mano un giornale, uno dei tre che va a comprare ogni mattina per l’agenzia, giusto per tenersi al corrente. Dopo averlo scorso rapidamente lo butta sulla scrivania.

-Niente di nuovo e le solite stronzate della politica- commenta svogliato.

-Che ti aspettavi?-, replica Olindo, -a ciascuno secondo i propri meriti. I buoni, se ce ne sono rimasti, non contano. Saranno premiati nell’altro mondo- Si fa una risata e posa anche lui il giornale sul ripiano.

-Senti un po’-, dice, -stavo pensando-. Segue un momento di pausa, durante la quale continua a pensare. Marco aspetta.

-Non ti pare che Occhio di Lince sia un nome troppo scontato per un’agenzia investigativa?-, chiede finalmente. Marco ci riflette su qualche secondo.

-Non so che dire-, risponde incerto, -però a me non dispiace. Come vorresti chiamarla?- Lo sa che Olindo ha già almeno un paio di alternative in testa, è il suo modo di procedere, ma stavolta la sua curiosità rimane insoddisfatta. Dietro il vetro della porta d’ingresso si profila una figura di donna. Suona il campanello. Marco torna immediatamente al suo tavolo e Olindo si ricompone prima di invitarla ad entrare.

-Avanti!-, dice ad alta voce. Nel riquadro della porta appare una donna non molto alta, sul metro e sessantacinque, bionda, ben vestita, dal fisico leggermente appesantito ma ancora di bell’aspetto. Ha un piglio deciso, benché appaia un po’ a disagio.

-Si accomodi- dice Olindo, invitandola a sedersi di fronte a lui, dall’altro lato della scrivania. Seguendo la consueta prassi, le porge un modulo che la donna compila rapidamente, precisando i propri dati anagrafici, indirizzo, numero e nome dei familiari, telefono e ogni altra indicazione necessaria.

Olindo ci da una rapida occhiata, poi mette il foglio da parte.

-Grazie-, le dice, -ora, se vuole, può dirmi che cosa l’ha portata qui- Si accorge di aver usato un tono caramellato, quello che di solito riserva ai casi di infedeltà coniugale, per mettere le vittime e proprio agio come se stessero confidando i loro segreti a una persona amica. Qualcosa però gli dice che lo sguardo non è quello di una donna tradita. C’è dell’altro in quegli occhi, un assillo e un tormento dovuti ad accadimenti molto più dolorosi.

-Ho perduto mia madre e mio marito -, esordisce la donna, mentre le lacrime le inumidiscono gli occhi senza riuscire ad indurla al pianto. Olindo tace, comprende che le serve tempo per riprendersi.

-Un incidente d’auto-, precisa la donna dopo qualche secondo. Poi racconta, costretta a ricordare -C’ero anch’io con loro, e i miei due figli, andavamo tutti insieme a vedere la casa che avremmo voluto comprare con il ricavato della vendita del podere.-.

-Può dirmi qualcosa di più su questo podere?- le chiese, senza avere ancora la più pallida idea di come gli si sarebbe prospettato il problema. In ogni caso, in qualsiasi indagine, non è mai sbagliato approfondire le questioni di denaro.

-Certo-, disse la donna. –Appartiene da tanto tempo alla nostra famiglia, ci sono cresciute diverse generazioni. Purtroppo mio padre e due fratelli maggiori ci hanno lasciato e non bastano più le braccia. Per di più mio marito è ingegnere informatico e bisogna capirlo se preferisce vivere in città. Avevamo deciso di comprarci una bella casetta con un po’ di prato intorno e mia madre sarebbe venuta a vivere con noi-.

-Poi c’è stato l’incidente-, interviene Olindo. –E dopo, il podere è stato venduto?-

-No-, risponde la donna, - e la casa che intendevamo acquistare non è più disponibile. E’ stata venduta-

-Come mai non avete più venduto il podere?- vuole sapere Olindo.

-Sono stata io a non voler più vendere. Non saprei dire perché. E’ come se dal giorno dell’incidente mi stia sforzando di trovare risposte a una domanda assillante -Come è stato possibile?-

-Un incidente d’auto…- comincia a dire Olindo, pur conscio di accingersi a fornire una spiegazione ovvia e del tutto inutile, ma non può proseguire.

-Lo so-, lo interrompe la donna, -un incidente d’auto è la disgrazia più comune che possa capitare, decine di migliaia di vittime all’anno, continui inasprimenti delle pene per ridurre le violazioni al codice della strada. So cosa vuole dirmi-.

-Allora, perché chiedersi come sia stato possibile?- le chiede, intuendo che, per qualche motivo, si tratta di una domanda risolutiva.

-L’incidente-, comincia a spiegare la donna dopo attimi di silenzio, -è stato attribuito all’usura del tubicino che pompa l’olio nei freni. Ha presente il tubicino di gomma?-

-Naturalmente. E’ un incidente piuttosto frequente. L’olio non arriva e i freni d’un tratto non funzionano- Spiegazione inutile, la donna ne è già a conoscenza. Di certo ha qualcosa da aggiungere, un fatto, una scoperta imprevedibile che tolga all’accaduto ogni parvenza di banalità, un nuovo elemento, in sostanza, dal quale scaturiscano i termini del problema connesso a quella domanda -Come è stato possibile?-

-All’incirca una settimana dopo l’incidente ho ricevuto posta da un’officina che si trova in paese, a una mezz’ora di macchina. Era una fattura. Fra le riparazioni elencate figurava la revisione dei freni e la sostituzione dei tubi dell’olio. Evidentemente ci aveva pensato mio marito quattro o cinque giorni prima dell’incidente-. Adesso i termini del problema sono chiari. Anche troppo. La donna lo scruta in silenzio, curiosa di osservare la sua reazione. Olindo riprende in mano il modulo che le ha fatto compilare prima di iniziare il colloquio.

-Ha con sé la fattura?- chiede, avvertendo che qualche rotella sta cominciando a muoversi, ma è solo adrenalina.

-Certo-. La donna apre la borsetta e ne estrae una busta con il nome di un’officina stampigliato in alto a sinistra. Gliela passa, lui l’apre e da un’occhiata alla fattura.

-E’ vero. Sembra proprio che la revisione dei freni sia stata fatta di recente. Può lasciarmela?- chiede, distratto.

-Vuol dire che accetta di aiutarmi?-, chiede a sua volta la donna, sorpresa.

-Mi scusi- dice Olindo, imbarazzato, -sì, vuol dire che accetto il caso. Sempre che le nostre tariffe non siano un problema-

-Sarebbero?-

-Milleduecento a settimana più duecento al giorno per le spese. Una settimana va pagata in anticipo-, precisa e aspetta.

-So che può sembrare una domanda stupida, ma vorrei chiederle ugualmente se può prevedere, approssimativamente, quante settimane saranno necessarie- Domanda ricorrente di chi non ha disponibilità illimitate.

-Mi dispiace di non poterle dare una risposta, perché è molto difficile sapere a priori come si svilupperà l’indagine-. La donna assume un’espressione infastidita, ma Olindo non ha finito.

-Posso assicurarle, però, che saremo noi stessi a interromperla nel momento in cui non risultasse più di alcuna utilità-