mercoledì 21 dicembre 2011

diario di un qualsiasi nessuno

Finalmente ho finito il romanzo. E’ il quinto e siccome mi sono rotto delle case editrici che rispondono di non poter includere la proposta di pubblicazione nei loro programmi editoriali, credo che non lo manderò a nessuno. A volte rispondono senza neanche citare il titolo limitandosi a scrivere di aver letto la sua opera e di non averla trovata ecc. ecc. Viene il sospetto che abbiano dei prestampati pronti per togliertisi dalle palle. Non credo che il tempo in cui trattengono l’opera serva alla lettura. Serve a fare ricerche negli archivi giornalistici, nelle sentenze penali, negli elenchi dei comici (si fa per dire) più gettonati della televisione, degli emersi da Grande Fratello (povero Orwell!), di chiunque sia diventato famoso per aver detto una stronzata alla televisione. Concludendo, se volete diventare scrittori (nel senso poter rimediare qualche percentuale sulle vendite dei libri), non occorre scrivere un romanzo, un saggio, un racconto. Battetevi a macchina un centocinquanta pagine dell’elenco telefonico, dei contratti del gas, dell’energia elettrica, insomma stampatene un bel mucchietto, fate un piego libri e spedite, poi fate carte false, minacciate, gridate, ricorrete ai sindacati, ai centri sociali, ma fate in modo di apparire in un talk show, in un quiz show, insomma, in una di quelle trasmissioni ad alto contenuto intellettuale. Se riuscite ad arrivarci, fatene di tutti i colori, è il vostro momento. Non dico di arrivare alla minzione in mezzo al palcoscenico, di liberarvi dei gas accumulati frequentando Fast Food senza curarvi dell’audio o di spogliarvi nudi se non siete in grado di sostenere che siete un’opera d’arte, è sufficiente che vi scappi una stronzata epocale, oppure qualcosa come quel famoso tricche e ballacche, o qualsiasi altra cosa priva di significato che possa essere scambiata per un’idea illuminante. Se tutto ciò dovesse riuscirvi difficile, potreste sempre prendere a pugni il conduttore o studiarvi in anticipo una nuova forma di insulto che potrebbe anche finire nei dizionari moderni. Gli italiani ci godono con queste stronzate. Vedrete che la casa editrice vi risponderà dicendo di aver bisogno di spiegazioni sull’opera inviata. Vi scuserete del disguido, dicendo di aver spedito il manoscritto sbagliato. Prendetevi tempo, vi fate scrivere una cazzata qualsiasi da un ghost writer, la spedite e sarete promossi scrittori sul campo. Provateci, il consiglio è gratis.

venerdì 2 dicembre 2011

diario di un qualsiasi nessuno

2 dicembre 2011. Stamattina ho di nuovo provato la vela. Scirocco, ma appena un fiato. Direi che è andata a gonfie vele, ma parlando di una vela sarebbe un po’ ripetitivo e anche cacofonico e anche uno schifo di linguaggio, perciò diciamo che meglio non poteva andare e mi ero già illuso di poter finalmente incominciare questo benedetto post con il famoso Eureka. Ma c’è stata la prova pomeridiana, con una dozzina di nodi, che mi ha riportato con i piedi a terra (quanto ad espressioni fuori luogo oggi non scherzo). Non che sia andata proprio male (sono uscito a vela e rientrato a vela), però c’era qualcosa che non andava. Forse sarà necessaria un piccola angolazione della vela in basso. Lo farò domani, se non deciderò di fare un’ultima prova prima di cominciare a tagliare. Se in mare non va bene, a terra va decisamente male. Il mio distinguo fra il mare e la terra è molto personale, perché in realtà vivo due vite parallele, che niente sanno l’una dell’altra. Più in particolare, è quella che vivo in mare a ignorare quella di terra. Quasi del tutto. Le incazzature che mi prendo a terra, per dirne una, infiacchiscono appena supero la barra all’ingresso del porto. Figurarsi quando raggiungo il pontile. Quando alzo la vela, non ne ho la più pallida reminiscenza. Nella mia vita di terra, guardo la televisione, ma non sono una patataro da divano, come traduco liberamente dall’americano, in genere mi limito a un film la sera. Il fatto è che non sono solo in casa e a volte la televisione rimane accesa e capita di passarci davanti quando trasmettono il notiziario e captare assurdità che gli annunciatori divulgano con fare calmo e professionale, mentre dovrebbero farlo gridando, contorcendosi e strappandosi i capelli. Questa è l’ultima. Pare che gli inglesi vogliano abolire le righe pedonali. Il motivo? Sono diventate pericolose per i pedoni. Ce ne muoiono sopra a bizzeffe. Non c’è più scampo. Non saprei dire da quando, ma già da un bel po’ di tempo abbiamo imparato a ragionare a rovescio. Faccio soltanto un esempio. La scuola superiore, dove le difficoltà erano considerate un banco di prova, uno stimolo ad impegnarsi allo spasimo per superarle, per crescere nell’autostima, non ha fatto che abbassare (e di parecchio) il livello dei programmi, eliminando le difficoltà e superando il problema dei genitori che le contestavano in quanto impedimento nella programmazione delle vacanze estive. Dopodiché, a seguito delle prove svolte in ambito europeo, siamo considerati, purtroppo non a torto, uno dei popoli più ignoranti di Eurolandia. Torniamo alle righe pedonali. Escogitate per proteggere i pedoni e divenute un pericolo per gli stessi. Quella che muore sulle righe pedonali è gente che ha fiducia nella legge. A torto. Li uccidono violando un loro diritto e la legge interviene privandoli del loro diritto. Non ce l’ho con gli inglesi, solo mi chiedo che cazzo è successo in questi ultimi due, forse anche tre decenni, perché non ci capisco più niente.

giovedì 1 dicembre 2011

diario di un qualsiasi nessuno

1° dicembre, 2011. Ieri, nel primo pomeriggio, ho fatto un salto a provare la vela. Vento, due tre nodi. Nel corso di un’ora ci sono state raffiche, si fa per dire, di quattro nodi, poi calma piatta. Con poco vento è andata di nuovo benissimo. Ho guadagnato acqua, poca, vista la lentezza con cui mi muovevo, insomma, sono uscito controvento e sono rientrato dopo un’oretta, sempre a vela. Rimane l’esame avanzato, quello con il vento teso, che non consente alla vela di imbrogliare. Spero che si decida, un giorno o l’altro, così potrò iniziare il post con l’agognato Eureka e portare il modello dal velista per le misure. Le userà per modificare l’enorme vela che ho avuto in regalo e non sono riuscito a utilizzare. Sarà una bomba. Napolitano continua a dire che l’Italia ce la deve fare. Viene da chiedersi, naturalmente, se dopo aver autorizzato il professore a scorticare gli italiani di brutto, esista anche una possibilità che l’Italia non ce la faccia. Il sospetto è che si stia cercando di terrorizzare il popolo per meglio sottoporlo a una sorta di pressione “Lo sappiamo, ci dispiace, ma se non paghiamo affondiamo tutti”. Gli italiani pagheranno, perché pare che siano virtuosi, l’erario incasserà senza colpo ferire, come sempre nessuno sarà garante per l’effettivo impiego di quanto si otterrà dallo smisurato salasso. Il titolo del romanzo che si sta scrivendo da solo in questi giorni e nei prossimi a venire non è stato ancora ben definito, ma se serve un suggerimento, credo che Storie di inermi contribuenti possa andar bene. Oggi di vento non se ne parla, neanche i due o tre nodi di ieri, ed è l’unico carburante non soggetto ad aumenti di prezzo. Come sempre, piove sul bagnato.