giovedì 30 dicembre 2010

diario di un qualsiasi nessuno

Domenica, 25 aprile 2010
Sono le otto di mattina e apro la porta di casa. Cielo sereno, suolo bagnato per qualche residua pioggia notturna. Una rondine disegna un arco intorno al fogliame della grossa quercia dall’altro lato della strada, poi vola alta. Buongiorno, domenica. Oggi è anche Festa della Liberazione. Tanti morti per spazzare via la tirannia di idealismi balzani. Ci hanno lasciato la democrazia. Che ne è stato fatto? Citando al volo, senza pensarci troppo, mi viene in mente Marcuse, l’abominio del ’68, le brigate rosse, il terrorismo nero, il terrorismo di stato, la scuola statale ridotta a un parcheggio, Grande Fratello, L’Isola dei Famosi e altre top share dello stesso livello, gli spot televisivi che hanno già rincoglionito diverse generazioni di italiani, la Mafia, la Camorra e la ‘Ndrangheta che poco ci manca assurgano al livello di istituzioni. Per fortuna la morte è generosa e lascia che gli eroi riposino in pace, ignari per l’eternità. Mi è tornata la tosse, quella schifosa, fottuta, fottutissima tosse. Per il momento non ho la febbre. Ho di nuovo ridotto il numero delle sigarette. Faticavo già a non superarne sette, ho dovuto ridurre a tre. Domani mattina devo telefonare al meccanico per il fuoribordo. Anche la settimana scorsa ho avuto bisogno di un meccanico. Appena entrato in una rotonda, ho sentito uno strano ticchettio e subito dopo un colpo e qualcosa di metallico trascinato sull’asfalto. Esco dalla rotonda, accosto e verifico. Marmitta staccata, struscia sulla strada ed è in procinto di staccarsi del tutto. Occorrerebbe legarla, per raggiungere almeno il meccanico. Non trovo una corda, per di più si è staccata all’interno e sarebbe un lavoraccio, da ridursi uno schifo. Il meccanico è a un paio di chilometri. Purtroppo non è la parte posteriore della marmitta a scivolare sulla strada, ma quella anteriore, che sfiora il terreno con il rischio di impuntarsi al minimo dislivello e spaccare tutto. L’alternativa è il carro attrezzi, ma siccome devo ancora estinguere il mutuo per l’auto, faccio gli scongiuri e mi avvio molto lentamente verso il meccanico. Da dietro, la marmitta a terra deve saltare agli occhi, perché la gente mi sorpassa senza sbraitare. Quando arrivo dal meccanico, scopro di aver fatto fuori due marmitte in un colpo solo. Almeno ho evitato il carro attrezzi. Domani, un’altra mattinata che se ne va a puttane. Quando avrò la barca pronta, lo so già, tornerà la pioggia. Invece avrei bisogno di provare la vela, quella provvisoria, e se necessario modificarla, anche più di una volta, fino a quando non funzioni in modo decente. Così avrei il modello per farmene cucire una vera. Variale è in caduta libera. Con la vittoria della Juve ha ripreso a respirare, poi, non si capisce perché, ha rivolto al tecnico della Lazio, mi pare che si chiami Ventura o qualcosa di simile, una velata preghiera perché si impegni a fermare l’Inter al prossimo turno. Per fortuna il campionato sta per finire e l’ineffabile Enrico avrà il tempo di smaltire lo stress prima che si ricominci. Siamo un popolo di stressati, figuriamoci ora che siamo in primavera inoltrata. Se poi aggiungiamo che da qualche anno le vittime di stress possono pretendere danni morali e materiali, è facile capire perché la crescita sia stata esponenziale. Bisogna stare in guardia e frenare gli impulsi, anche quando sembrano inarrestabili. Un vaffanculo bene scandito in presenza di testimoni, mi pare di essermi già riferito a un fatto del genere, può causare turbamenti da stress da risarcire con decine di migliaia di euro. Stress rimborsabili a parte, stress da primavera a parte, resta il fatto che siamo tutti stressati. Ieri ho accompagnato mia moglie dal fornaio. E’ andata a comprare un chilo di pane, insomma, una pagnotta, e l’ho aspettata in macchina. E’ tornata con un’aria seccata. La commessa le aveva fatto uno scontrino di due euro senza pesare la pagnotta. Poiché la pagnotta costa un euro e novanta al chilo e il peso è normalmente inferiore di almeno un centinaio di grammi, e poiché sullo scontrino di due euro non era stato registrato il peso, mi sono incazzato. Ho riportato dentro la pagnotta, ho chiamato la proprietaria e le ho chiesto se si trattava di un pane speciale o di quello che acquistiamo regolarmente ogni giorno. Per farla breve, la signora si è profusa in scuse, poi mi ha chiesto chi era al banco, domanda del tutto ininfluente, perché in quel momento c’era una sola commessa e stava origliando poco distante. Per farla breve, la proprietaria ha pesato la pagnotta, ha fatto un nuovo scontrino e mi ha dato trentacinque centesimi di resto. Poi mi sono chiesto cos’era stato a farmi incazzare tanto, certo non i trentacinque centesimi. Neanche il fatto che una stronza si fosse comportata da stronza poteva essere un buon motivo. Ciò che mi rodeva dentro era dovuto a qualcosa di più vaste proporzioni, sommerso e invisibile, che agisce sull’etica sociale come acido sulla pelle. Forse dovremmo portarci dietro una scacciacani e scaricarla in faccia al primo stronzo che si arrischia a rompere i coglioni. Potrebbe essere un deterrente, chissà, e forse anche un modo di mettere al riparo il fegato e le arterie.